Chiarimento dell’esperienza sul senso della vita.(1)
Questa esperienza è diretta a produrre nel praticante quelle sensazioni che accompagnano le grandi scoperte della realtà interiore, del tipo di quelle che si riferiscono ad un senso trascendente della vita. Non si tratta, dunque, di un esercizio tendente a facilitare la comprensione di un determinato timore, ma di un esperimento diretto a far riconoscere o a produrre degli importanti registri interni.
Continuo a salire a piedi per il sentiero di montagna. Mi fermo un istante e guardo indietro. In lontananza vedo la linea di un fiume e qualcosa che somiglia a una distesa di alberi. Più lontano ancora, un deserto rossiccio che si perde nella foschia dell’imbrunire.
Avanzo ancora, mentre il sentiero si restringe fino a cancellarsi del tutto. So che manca ancora un ultimo tratto, il più difficile, per arrivare all’altipiano. La neve intralcia appena il mio cammino e così seguito a salire.
Sono arrivato alla parete di roccia. La studio accuratamente e scorgo nella sua struttura una fenditura per la quale potrei arrampicarmi. Comincio a salire puntando gli scarponi sulle sporgenze. Appoggio la schiena a un lato della fenditura, mentre faccio leva con un gomito e con l’altro braccio. Salgo. La fenditura si è ristretta. Guardo in alto e in basso. Sono a metà del cammino. Impossibile muovermi nell’uno o nell’altro senso. Cambio posizione, restando appoggiato col petto alla superficie sdrucciolevole. Punto i piedi e, molto lentamente, allungo un braccio verso l’alto. La roccia mi restituisce l’ansimare umido del mio respiro. Tasto con la mano senza sapere se riuscirò a trovare una piccola fessura. Allungo piano piano l’altro braccio. Mi sento vacillare. La testa comincia ad allontanarsi lentamente dalla pietra. Poi tutto il corpo. Sto per cadere all’indietro… ma incontro una piccola rientranza e mi ci aggrappo con le dita. Stabilizzo la mia posizione e riprendo a salire, con slancio e senza difficoltà, nell’assalto finale.
Finalmente arrivo in cima. Mi tiro su e davanti a me si distende una prateria infinita. Avanzo di qualche passo, poi mi giro. Dalla parte dell’abisso è notte; dalla parte della pianura gli ultimi raggi di sole sfumano in infinite tonalità. Sto confrontando i due spazi, quando sento un suono acuto. Guardando in alto, vedo sospeso un disco luminoso che poi, descrivendo dei cerchi intorno a me, comincia a discendere.
Si è posato a brevissima distanza. Come spinto da un richiamo interiore, mi avvicino senza prevenzioni. Penetro al suo interno con la sensazione di passare attraverso una cortina di aria tiepida. Intanto sento il mio corpo alleggerirsi. Sono dentro a una bolla trasparente, schiacciata alla base.
Come proiettati da un grande elastico, partiamo in linea retta. Ritengo che stiamo andando in direzione di Beta Hydris o forse verso NGC 3621.
Riesco a vedere, fugacemente, il crepuscolo sulla prateria. Saliamo a velocità maggiore, mentre il cielo si oscura e la terra si allontana.
Sento aumentare la velocità. Le chiare stelle cambiano di colore fino a scomparire nel buio totale.
Di fronte, vedo un unico punto di luce dorata che si ingrandisce. Andiamo nella sua direzione. Ora si evidenzia un grande anello che continua in un lunghissimo corridoio trasparente. Tutto a un tratto ci fermiamo. Siamo scesi in un luogo aperto. Attraverso la cortina di aria tiepida ed esco dall’oggetto.
Mi trovo fra pareti trasparenti che, nell’attraversarle, producono musicali mutamenti di colore.
Seguito ad andare avanti fino ad arrivare su un piano al cui centro scorgo un grande oggetto mobile, impossibile da catturare con lo sguardo perché, seguendo una direzione qualunque sulla sua superficie, questa finisce avvolta nell’interno del corpo. Mi sento venir meno e distolgo lo sguardo.
Incontro una figura, all’apparenza umana. Non posso vederne il volto. Mi tende una mano nella quale vedo una sfera splendente. Mi avvicino e, con gesto di piena accettazione, prendo la sfera e me la appoggio sulla fronte. (*)
Allora, in un silenzio totale, percepisco che qualcosa di nuovo incomincia a vivere in me. Ondulazioni successive e una forza crescente inondano il mio corpo, mentre nasce nel mio essere una gioia profonda. (*)
So che la figura mi sta dicendo, senza parole: “Ritorna nel mondo con la fronte e le mani luminose.” (*)
Così accetto il mio destino. Poi, la bolla e l’anello e le stelle e la prateria e la parete di roccia. (*)
Infine il sentiero ed io, umile pellegrino che ritorna tra la sua gente. (*)
Io, che ritorno luminoso alle ore, al giorno ripetitivo, al dolore dell’uomo, alle sue semplici gioie.
Io, che do con le mie mani ciò che posso; che ricevo l’offesa ed il saluto fraterno, canto al cuore che dall’oscuro abisso rinasce alla luce dell’anelato Senso.
Raccomandazione. (1)
Considerate se si è riusciti a rappresentare in modo adeguato le immagini relative alla figura e alla sfera. Prendere in esame solo le sensazioni descritte nella scena in cui la sfera viene appoggiata sulla fronte. Le resistenze che è importante vincere sono quelle che impediscono di ricreare le sensazioni menzionate.
Note dell’autore
Il veloce spostamento della bolla d’aria ricorda il viaggio così stupendamente narrato da Stapledon ne “Il costruttore di stelle”. La descrizione dell’effetto Doppler, con il mutamento di colorazione delle stelle dovuto alla velocità, nell’esperienza guidata è dissimulata da questa frase: “Sento aumentare la velocità. Le stelle luminose cambiano colore, fino a scomparire nel buio totale”.
Una considerazione curiosa: “Come se fossimo lanciati da un grande elastico, partiamo in linea retta. Credo che stiamo andando in direzione di Beta Hydris o magari verso NGC 3621”. Ma perché si riportano queste direzioni cosmiche? Se nel momento della descrizione il sole sta tramontando (“Dalla parte dell’abisso è notte; dalla parte della pianura, gli ultimi raggi di sole sfumano in infinite tonalità”), basterà sapere a che ora locale stia accadendo il fatto. Tenendo presente che quest’opera fu scritta a metà del 1980 (cioè, come giorno centrale, il 30 giugno), e che il luogo in cui fu scritta si trova a 69 gradi di longitudine ovest e a 33 gradi di latitudine sud, l’ora locale corrisponde alle 19.00 (ritardata di quattro ore rispetto al GMT). E in quel momento il punto di elevazione di 90 gradi (vale a dire quello che era al di sopra della bolla e verso il quale questa si dirigeva in linea retta) ci mostra un cielo che, fra la costellazione australe della Croce e quella del Corvo e prossima ad Antlia, permette di individuare vari oggetti celesti. Fra di essi quelli in maggior risalto sono giustamente Beta Hydris e NGC 3621. Con tutte le stranezze che presentano le Esperienze guidate, questa licenza astronomica non sembra fuori posto.Riguardo al corpo in movimento, si dice: “Avanzo fino ad arrivare ad un piano al cui centro scorgo un grande oggetto mobile, impossibile da catturare con lo sguardo perché, seguendo una direzione qualunque sulla sua superficie, questa finisce avvolta nell’interno del corpo. Mi sento venir meno e distolgo lo sguardo”.
E’ chiaro che la descrizione ricorda alcune costruzioni topografiche della moderna geometria che hanno come risultato oggetti “avvolgenti”. Ponendo in dinamica questo tipo di corpo, l’autore produce un effetto sconcertante. Ricordiamo l’incisione su legno (stampata in quattro tavole) del nastro di Moebius, di Escher, per avvicinarci all’idea centrale dell’esperienza: quel lavoro, sebbene statico, lascia in noi la sensazione di superficie paradossale e di percezione paradossale. Hofstadter, in Gödel, Escher, Bach: un’Eterna Ghirlanda Brillante afferma: “Il concetto di strani anelli contiene quello di infinito: un anello, infatti, non è proprio un modo per rappresentare un processo senza fine in modo finito? In effetti l’infinito interviene ampiamente in molti disegni di Escher. Spesso ci sono più copie di uno stesso tema giustapposte l’una all’altra in modo armonioso, e ciò che ne risulta è un equivalente visivo dei canoni di Bach”. Stando a ciò, l’oggetto dell’esperienza guidata sarebbe un “anello in movimento”.
Note (1)
Il veloce spostamento della bolla d’aria ricorda il viaggio così stupendamente narrato da Stapledon ne “Il costruttore di stelle”. La descrizione dell’effetto Doppler, con il mutamento di colorazione delle stelle dovuto alla velocità, nell’esperienza guidata è dissimulata da questa frase: “Sento aumentare la velocità. Le stelle luminose cambiano colore, fino a scomparire nel buio totale”.Un uomo maturo, muratore di professione, fece questo commento: « Quando ho appoggiato la sfera sulla fronte, ho sentito una specie di scossa elettrica e poi ho visto luce era una luce diversa da quella che siamo abituati a vedere. Era una luce che aveva un senso diverso. Non so come descriverla. Ho sempre creduto che ci fosse un’altra cosa, ma ora so che quest’altra cosa esiste ».
N.d. redazione: il testo segnato con (1) relativo ai chiarimenti, raccomandazioni e note era presente nella edizione del 1980, l’autore nella revisione eseguita nel 1988, lo ha sostituito con le attuali note. Il libro è stato così pubblicato nel 1989 in 16 lingue.
La redazione ha ritenuto utile inserire il succitato testo originario in quanto permette un’ approfondimento delle narrazioni e dei giochi di immagine, non solo come opere letterarie, ma come “modello di meditazione dinamica, il cui oggetto è la vita di chi medita e la cui intenzione è individuare e superare i conflitti.
Le esperienze guidate permettono, a coloro che le praticano,di riconciliarsi con se stessi, superando le frustrazioni ed i risentimenti passati, ordinando le attività presenti e dando al futuro un senso che elimini le angosce, i timori ed il disorientamento.